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La giovane scultura veronese
Lineri trova, con una caparbietà tanto analitica che cosciente nelle sue rette
tematiche, alla fine il suo mondo di forme e cose già ricerca in sé stesso:
fatto estetico, legittima realtà naturale, storia e scienza insieme. I documenti
che presenta sono sculture complete, esse saranno o potranno essere (non certo
lo scrivente può toccare tanto argomento) forme, totem, emblemi, documentazioni
espressive antichissime, in ogni caso la loro attualità, la loro essenziale
potenza-novità espressiva, non cambiano. Si considerino o meno la casualità, o
la causalità, del tempo, degli elementi, della storia umana e di quella
naturalistica, o altresì la capacità evidente di Lineri nel recepirle e
presentarle, nello sceglierle e preservarle (come allusioni poetiche o realtà
antichissime), esse sculture così come sono hanno tale dignità comunicante, e
tale significanza estetica, da sorprendere e affascinare il pubblico da
qualsiasi parte possa o voglia angolarle.
Lineri è un “caso” fatto di misteriose
coscienze naturali, un “caso” insieme lucido e allucinato, destinato a farsi
meteorite curioso, e ambiguo, nel tran tran provinciale, e da solo, da solo come
un randagio viandante pieno di vaticini, sceglie e immagazzina un tesoro colmo
di sotterranee ed inesorabili presenze umane: egli è un testimone scomodo
proprio in quanto testimone (nel caso anche perché non corre in staffetta,
perché nessuno l’attende al cambio, per ricevere le consegne), ma testimone di
poesia.
I suoi
reperti, i suoi archetipi reali-immaginari, sono segni dialoganti che si
motivano in ogni caso ex-novo, per una larghezza espressiva tanto tesaurizzata
che significante messaggio: linea reale che il “mondo” esprime in sé per l’uomo,
al limite delle sue inconsce voglie suicide, al limite di quello spazio vitale
sempre più minacciato, sempre meno naturale, sempre meno ambiente, e che Lineri
ripropone integro, decisivo, antico e nuovissimo.
ALESSANDRO MOZZAMBANI, La “Giovane” Scultura Veronese, Settembre 1974
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